Storia

La scherma affonda la sua origine nella notte in cui nacque l’uomo. Dapprima, con le mani, le pietre e i bastoni, poi con daghe, pugnali, e spade. la storia ci ha lasciato un grande patrimonio di manuali schermistici e specialmente l’Italia ha un inestimabile primato anche in questo, perchè i più bei manuali, i più enigmatici, i più raffinati e i più validi sono stati scritti dagli italiani, nel corso di centinaia di anni, contribuendo a creare un patrimonio di rara grandezza che il mondo ci invidia e che noi dobbiamo imparare a conoscere e sfruttare.

Merito della incontenibile fantasia dei maestri di scherma Italiani.

Ed è la storia che ha prodotto tanti e tali uomini d’arme in Italia che poi nel tempo hanno emigrato creando scuole schermistiche un po’ ovunque, specie in Europa, in tempi remoti e anche recenti.

Oggi la scherma sportiva si può dire che comincia dal 1600 circa. Non mi sbaglio se dico che partendo dal testo di Girolamo Carranza, spagnolo, con il suo manuale pubblicato nel 1606 a Madrid incomincia una nuova era della scherma. Le spade si assottigliano, i testi diventano manuali consultabili ovunque perché tascabili, di piacevole lettura e desiderosi di intrattenere il lettore, dando informazioni utili al maestro e all’allievo. Incomincia una introspezione e un aiuto di maggior spettro verso chi voglia intraprendere l’insegnamento e l’apprendimento.

Il XVII secolo

Il secolo XVII il seicento è certamente il secolo più interessante nella scherma. Si affacciano al mondo della stampa numerosi maestri di scherma, figli di scuole eccezionali, con l’intento di colmare il vuoto che si aveva, all’interno delle signorie che si stavano strutturano in tutta l’Italia e non solo. La penisola diventa il terreno di lavoro della scherma, producendo idee e formule, sviluppando concetti e migliorando quelle esistenti, ma anche copiando furbescamente, raggiugedo perfezioni tecniche avanguardistiche mai raggiunte prima.

Il secolo italiano si apre con un Maestro che affonda la sua preparazione nel pieno rinascimento, il fiorentino Marco Docciolini a far data 1601 nella stamperia di Michelangelo Sermartelli a Firenze, pubblica il suo Trattato in materia di scherma, un testo piccolo, discorsivo, con pochissime immagini (un solo disegno geometrico per la verità), in perfetto stile Albertiano, scritto per chi sa leggere, non per villani, ma per cavalieri ben educati alle lettere come si conviene ad uomo che maneggiando l’armi, sia consapevole dei rischi e delle responsabilità che ne consegue.

In dieci anni, seguono almeno tre testi fondamentali per stile e contenuti. A Venezia Nicoletto Giganti e a Palermo Salvator Fabris etrambi nel 1606, mentre a Viterbo per i tipi di Girolamo Discepolo, Torquato Alessandri pubblica il suo Il Cavalier Compito che apre ad una trattatistica che in Italia ancora non era stata introdotta. La struttura letteraria si ispira abilmente al ciclopico testo di Luys Pacheco de Narvaez, il quale a sua volta scrive un numero gigantesco di pagine commentando il testo ufficiale e indiscutibile di Gerolamo Carranza, con l’introduzione di una lirica sulla spada. Così Torquato alla stessa maniera, imposta il suo testo come un discorso di ogni scienza, di ragion di stato, di metheora, di dubbi cavallereschi, e del modo novo di schermir con spada bianca e difendersi senz’armi, ma lo fa aprire con una serie di sonetti e madrigali e in maniera interessante dedica il suo lavoro al Cavaliere Giuseppe Cesari d’Arpino, meglo conosciuto come Cavalier d’Arpino, uno dei più grandi pittori del rinascimento italiano.

Il secondo decennio è aperto da un testo importantissimo per la scherma Italiana; lo scrive Ridolfo Capo Ferro da Cagli, dal titolo emblematico di Gran Simulacro dell’uso della Scherma del 1610, non è solo un grande trattato, ma un’opera d’arte della stampa. Le sue definizioni, le immagini e la sontuosità della composizione lo rende un’opera degna di un trattato di alto valore artistico e storico.

Seguono manuali fondamentali per lo sviluppo dell’arte della scherma, quali quelli di Antonio Quintino, nel 1613, di Antonio Viggiani o Vizani e del prolificissimo Francesco Ferdinando Alfieri. Terenziano Ceresa, Galeazzo Gualdo, Francesco Jacobilli, Alessandro Senese e Marin Bresciani, fino a Francesco Antonio Mattei nel 1669il quale scrive il primo testo sulla scherma napoletana, fino ad allora non del tutto formata stilisticamente e da lui codificata. Va precisato però che il Mattei era dichiaratamente allievo di Giovanni Battista Marcelli detto Titta, da lui soprannominato il Corifèo della Scherma Napolitana. Da questi due persoaggi nasceranno le tecniche che possiamo definire moderne di scherma. Il secolo prosegue fremente con la pubblicazione di manuali simili dove ognuno contiene riverberi degli altri. Giuseppe Morsicato Pallavicii, Giuseppe Villardita, Carlo Torelli e Francesco Della Monica, anch’egli napoletano, introducono il tempo di un gigante della scherma quale il già citato Titta, che sarà il punto fermo della scherma e della manualistica moderna, grazie al figlio Francesco Antonio Marcelli che stenderà sagacemente le Regole della Scherma nel 1686 a Roma. Chiude il secolo un genio totale della Scherma, Bondì di Mazo, con il suo La spada Maestra, ricca di immagini e di invenzioni schermistiche come la Levata dalle mani, unica nel suo genere.